Boxe, Olimpiadi e politicamente corretto: quando i giovani atleti diventano pedine di altri giochi
L' imbarazzante cerimonia di apertura delle attuali Olimpiadi di Parigi e' stata solo il preludio di un crescendo sempre più vergognoso di inchini servili alla cultura oggi predominante del politicamente corretto, dell' eufemismo a tutti i costi per mascherare la realtà e l' immediata evidenza in un mondo in cui della sostanza non importa più niente a nessuno ed a contare è invece la sola forma, il contenitore svuotato di contenuto.
Il tutto, ovviamente, declinato in salsa LGBT e "inclusiva" in nome della tutela di minoranze che tali sono solo numericamente, perché paiono invece costituire la fonte del nuovo pensiero unico.
Il match durato appena 45 secondi tra la pugile italiana Angela Carini e la sua rivale algerina Imane Khelif, con presunta sindrome di Swyer fino a poco tempo fa non sarebbe stato possibile non solo per la palese disparità fisica fra le due contendenti.
Solo l' ipocrisia del Comitato Olimpico e la prona sudditanza alle redditizie mode dell' LGBT, del transgender e di tutta la galassia di varie declinazioni sessuali che è stata artificiosamente messa in piedi hanno potuto dare vita a una simile pagliacciata, avvilente sia per lo spirito sportivo che per la dignità umana in genere.
Se davvero ci si preoccupa dell' inclusione delle minoranze e delle sottominoranze (in questo sistema a scatola cinese si troverà sempre un' altra minoranza ancora più sparuta da fingere di tutelare per ricavarne lauti profitti o ritorni d'immagine) si organizzino allora Olimpiadi queer e LGBT come già si indicono le Paralimpiadi per consentire di gareggiare agli sportivi disabili.
Coraggiosamente J. K. Rowling, l' autrice di Harry Potter, già accusata in questi anni di posizioni transfobiche dai ringhiosi cani da guardia del politicamente corretto, ha preso posizione in favore della gigantesca ingiustizia commessa ai danni dell' atleta italiana, facendo notare come a una giovane pugile sia stato portato via tutto ciò per cui ha lavorato e per cui si era allenata perché è stato permesso a un uomo di salire sul ring con lei.
Poco importa che anatomicamente parlando Imane Khelif sia una donna.
I suoi livelli abnormi di testosterone, la sua massa muscolare, derivate, come apprendo, dalla sindrome di Swyer, una disgenesia gonadica in cui si ha un cariotipo maschile ma un fenotipo femminile, escludono aiutomaticamente l' atleta algerina dalle competizioni femminili.
Il criterio "discriminante" dovrebbe essere qui non solo l' appartenenza di genere formalmente intesa ma il comune buon senso.
Medici sportivi che si sono posti la questione della partecipazione alle gare sportive degli atleti "transgender" hanno sollevato questioni ineludibili sull' equità di tali competizioni, rilevando come i transgender mantengano caratteristiche fisiche che possono conferire loro un oggettivo vantaggio.
La conclusione di vari studi pubblicati sul "British Journal of Sports Medicine" e su altri prestigiosi periodici medici è che le differenze biologiche tra atleti transgender e donne non possano essere ignorate perché influenzano in modo significativo le prestazioni atletiche.
Il buonsenso e l' evidenza vengono però puntualmente disattesi nell' applicazione alla realtà e per quanto, come nella fiaba di Andersen, il re sia nudo, gli ipocriti di turno continuano imperturbabili a dire che è vestito perché altrimenti verrebbe a cadere tutto il castello di carte delle loro menzogne.
Avvilente che anche nel pollaio degli "intellettuali" organici italiani non si sia persa l' occasione per tessere i soliti inni all' "inclusività" e che la punta di diamante di tale cultura organica, Chiara Valerio, ne abbia strumentalmente fatto una ragione di polemica antigovernativa quando a essere discussa non è certamente l' adesione o l' opposizione all' attuale governo italiano ma l' apodittica realtà che in nome del culto di una forma pura e svuotata di qualsivoglia contenuto si sia umiliata una donna (proprio una delle categorie che questi intellettuali dicono di voler proteggere) facendola combattere in quella che dovrebbe essere la più alta manifestazione dello spirito sportivo con un atleta con caratteristiche fisiche palesemente maschili.
Nel delirio di Chiara Valerio la cosa si traduce nella solita polemica squallida e puramente contingente fra destra e sinistra, che nulla ha a che vedere col caso in questione, e con le consuiete accuse di sessismo e perfino di "colonialismo", intendendo con tale termine completamente distorto la colonizzazione da parte di una cultura maschilista, patriarcale e non inclusiva di dominii che dovrebbero invece essere fluidi, trasngender, ecc.
Alle scempiaggini e alle menzogne della professoressa Valerio sembrano veramente fare da salutare correttivo le parole oneste, chiare e nemiche dell' ipocrisia della già richiamata J. K. Rowling che con esemplare nettezza ha fatto notare come una persona con patologie che comportano un anomalo sviluppo cromosomico non può cambiare il modo in cui è nata, ma può almeno scegliere di non imbrogliare e di non togliere le medaglie alle donne.
Sono passati più di 30 anni da quando uno dei maggiori e più anticonformisti critici d'arte e della cultura al mondo, Robert Hughes, nel suo libro "La cultura del piagnisteo" lanciò un acuminato anatema contro la pianta infestante del politicamente corretto.
Leggendo recentemente quel libro, che conoscevo solo per sentito dire, ne ho ammirato la vis polemica ma ho quasi sorriso vedendo la relativa innocuità degli esempi citati da Hughes a fronte delle degenerazioni e dei paradossi a cui si è giunti oggi.
Se Robert Hughes fosse ancora vivo dovrebbe amaramente constatare come quella cultura annacquata e ripulita che sembrava destinata a essere solo una moda passeggera abbia invece affondato le sue radici nella nostra civiltà e l' abbia corrosa nel suo nucleo, creando un mostro destinato ad accrescersi in modo incontrollato.
Il politicamente corretto è il comodo ombrello dietro cui si rifugiano ora tutti i rifiuti umani, i disagiati, i transfughi delle vecchie ideologie, certi di trovarvi accoglienza finché il moto inarrestabile della storia non avrà riassestato i valori e non avrà spazzato via tutta questa sottocultura marcia e purulenta.