Il Baobab

Ritratto di GuidoCarli

Prima di fondare la SPORTFORMA studiavo  presso la clinica universitaria dell'ospedale molinette di Torino,  ogni anno  in corso    prevedeva dei periodi in aula e dei periodi di tirocinio in reparto, alcuni  erano  tristissimi,  bisognava inventarsi qualunque cosa per alzare lo stato vitale del reparto;   al  solo   leggere la   cartella clinica prima del giro letti mattutino  dovevi trovare il modo di non ferirti emotivamente,   altri erano dei  veri  e propri  campi di battaglia,  dove arrivavano feriti e casi di ogni genere ed entità.    Il mio grande rimpianto se proprio lo volete sapere è stato quello di non aver fatto tutti i percorsi di studio utili per ottenere le varie licenze che servono ad  essere riconosciuto come  medico e ad un ricercatore per poter esercitare la sua vocazione senza impedimenti burocratici.

 Spesso,  reincontrando  vecchi compagni di corso che oggi sono diventati professionisti del camice bianco,   capita mi vengano in mente  situazioni di giornate  passate in reparto,  con l'  equipe,  un gruppo formato da più persone che lottano per un fine comune,   qui non sono dubbi c'è una vera guerra,  tra il bene con tutti i suoi valori,  stati e attegiamenti e il   male  che  arriva  dentro una persona in carne ed ossa  che  probabilmente sarà  già pronta spesso senza saperlo  a colpire  l'ambiente ove verrà a trovarsi.    Uno dei campi di battaglia  dove i miei "monitori" mi fecero rimanere più a lungo fu il Dipartimento d'emergenza e accettazione meglio conosciuto come DEA,   il reparto era diviso in due maniche, una di Medicina e l'atra di Neurologia e tutta l'equipe si trovava a correre tra  pazienti che andavano, venivano e soggiornavano spediti su dal pronto soccorso,  ognuno di noi era  interdipendente con l'atro pur mentenendo la propria autonomia, responsabilità professionale e   ognuno di noi aveva anche  una caratteristica particolare e personale:   a parte  colori dei pantaloni, le strisce  sulle maniche del camice (i  gradi),  il modo di inserire il fonendoscopio nel taschino c'era un ragazzo che girava con un camice con la chiusura laterale,  ecco  ero Io,    non mi stava il camice di serie ero troppo grosso quindi mi avevano trovato un camice "fuori serie", sissignori in quegli anni ero già un fenomeno per le mie misure sproporzionate, i più invidiosi mi chiamavano Guido Susta,   quelli che mi stimavano Classius il gigante buono.  Un  paziente durante  la ripresa di coscienza di un difficile intervento,  cominciò a chiamare "Classius, Classius,  Classiuuusss, si pensava delirasse, ma non era così mi guardava fisso  ed esclamava:  "Sto'  chiamando te! Classius il gigante buono", si riprese  torno alla clinica per anziani dov viveva,   da li il mio soprannome in reparto divenno questo.   Sono molte le esperienze e i ricordi  passati di cui faccio ancora oggi un tesoro ,   questo  mi ha portato a regalare a mio figlio Libero la leggenda del  BAOBAB un albero che cresce spontaneamente in aree deserte e rocciose e che in genere anima  il paesaggio per la sua straordinaria forma.   Anche   essa è stata data  l'aurea di "Gigante buono":

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 Una lepre incontrò un vecchio Baobab dai folti rami e gli chiese se poteva riposarsi alla sua ombra.

Il Baobab acconsentì volentieri e dopo un po’ chiese alla lepre “Vorresti assaggiare le mie foglie?”. “Magari” rispose la lepre. Il Baobab fece gustare le sue foglie alla lepre che esclamò: “Sono proprio dolci e saporite le tue foglie”. Il Baobab rispose: “perché non hai mai provato i miei fiori: assaggiali e vedrai che buoni”. La lepre non se lo fece dire due volte e subito assaggiò “sono veramente gustosissimi” La iena invidiosa e affamata pensò di approfittare di tutto quel ben di dio, e senza chiedere niente, senza dire per cortesia, si avvicinò al Baobab per accaparrarsi tutto quello che voleva. Il Baobab, risentito gli fece cadere in testa un vecchio ramo secco che fece stordire la iena. Quando si riprese, dolorante e zoppicando se ne andò via con la coda tra le gambe. L’albero è ricco e generoso, ma solo con chi lo rispetta.

(fiaba burkinabé) 

  Aimè a volte succede anche in palestra, che arrivino delle iene,  ma poco importa, ciò che conta è la ns  passione.